Sindrome del Natale, quando le feste diventano il periodo più odiato e temuto dell’anno

Non tutti vivono le festività natalizie con trepidante attesa, per molti questo periodo può trasformarsi in un dramma. Ne parla l'esperta

Gli addobbi, le luci, i preparativi, le grandi tavolate con parenti e amici, la ricerca del regalo perfetto per chi si ama. Il senso comune vuole che quello natalizio sia il momento più atteso dell’anno da grandi e piccini. Ma davvero il Natale è per tutti festa, famiglia e felicità? La risposta è, purtroppo, scontata.

C’è, infatti, una buona parte di persone che vive il Natale come il periodo peggiore dell’anno. Non è raro sentir dire ‘Non vedo l’ora che arrivi il 7 gennaio’ e, per molti, non è una battuta di spirito o un luogo comune ma la dura realtà. Le festività possono generare stress ansia e sentimenti depressivi in quanti si sentono fuori luogo rispetto al clima di generale eccitazione e contentezza. Tristezza, malinconia, senso di solitudine portano coloro che hanno maggiori fragilità, che stanno vivendo un periodo complicato, o che hanno subito perdite importanti a vivere le feste in maniera ambivalente. Alla tristezza si aggiunge infatti anche la frustrazione per non sentirsi gioiosi come “si dovrebbe”, in un momento in cui la tradizione culturale ci dice che dovremmo provare trepidazione, allegria, armonia o comunque sentimenti positivi.

La sindrome del Natale

Se si dovessero racchiudere tutte queste sensazioni in un concetto, si potrebbe parlare di ‘Sindrome del Natale’ o ‘Christmas blues’. Anche se non è un disturbo psicologico codificato dai manuali di salute mentale, si tratta effettivamente di una sindrome stagionale, ovvero di un insieme di sintomi che possono manifestarsi a dicembre e, più nello specifico, durante le feste, nel periodo a cavallo tra Natale, Capodanno ed Epifania. 

I lutti, le assenze, le mancanze si sentono di più in questo momento dell’anno. Lo sanno bene tutti coloro che hanno perso una persona cara. La festività si ripete, di anno in anno, ma quella persona non c’è più. Quell’assenza, sistematicamente, torna a bussare alle porte dell’anima. Risveglia sentimenti che in altri periodi dell’anno, seppur a fatica, riusciamo a tenere a bada.

E poi entra in gioco anche un altro fattore, quello della solitudine. Molte persone, infatti, sono sole. E non parliamo soltanto di quanti vivono, purtroppo, ai margini della società ma parliamo anche di anziani, di soggetti fragili, di un esercito di invisibili del quale spesso non consideriamo neppure l’esistenza. Sentiamo le loro storie da lontano, magari la sera di Santo Stefano mentre seduti a tavola un TG in sottofondo racconta della nonnina che la notte di Natale ha chiamato le Forze dell’ordine perché non voleva restare da sola. Ecco, le persone sole vivono l’arrivo delle festività natalizie come un incubo. Quei giorni dell’anno nei quali si sentono più sole che mai.

Ci sono poi i casi estremi. Quelli nei quali il senso di vuoto, di solitudine, il lutto che non si riesce ad elaborare, le mancanze soffocanti, in soggetti particolarmente fragili, sfociano nel patologico. Ebbene si, perché le festività natalizie ed in particolare i giorni tra Natale e Capodanno fanno registrare un incremento di suicidi e tentati suicidi.

Ne abbiamo parlato con un’esperta, per analizzare questo triste fenomeno. Ma anche per capire quando la ‘Sindrome del Natale’ può rischiare di trasformarsi in una vera e propria patologia. Come cogliere i segnali di pericolo. E come intervenire. Ne parla la Dottoressa Simona Brait, psicanalista freudiana e dirigente Rems presso la Casa della Salute di Pontecorvo.

La dottoressa Simona Brait

L’intervista

Dottoressa Brait, la Sindrome del Natale esiste? E di cosa parliamo?
“La sindrome del Natale esiste e, pur non essendo un disturbo psicologico codificato dai manuali di salute mentale, molte delle caratteristiche presentate da chi accusa questo disturbo sono simili alla malinconia del Natale. In psicologia la malinconia è proprio associata all’idea della perdita e del lutto. Parliamo di un tipo particolare di tristezza, di depressione: la depressione malinconica. Si presenta con un forte abbassamento dell’umore e un’incapacità di trovare piacere in eventi positivi. Ed è anche legata alle aspettative e alle loro delusioni, con il senso di frustrazione che ne consegue. Chi ha perso una persona cara durante l’anno può sentirsi particolarmente triste proprio in questo periodo. Coloro che stanno trascorrendo un periodo difficile per motivi di salute, per motivi economici, perché stanno attraversando una separazione o una crisi di coppia, potrebbero sentirsi inadeguati nel vedere gli altri più felici, più sereni. E poi, con il Natale si avvicina la fine dell’anno, un periodo di bilanci che possono portare ad un rimuginare depressivo nel caso di un anno trascorso in maniera non soddisfacente. Dobbiamo fare i conti con noi stessi, con le nostre mancanze, con quello che non ci rende felici, più che in ogni altro periodo dell’anno. E questo spaventa e porta molti a voler rifuggire dal Natale, a trincerarsi nella propria solitudine. Il Natale evoca e fa saltar fuori fantasmi individuali apparentemente sopiti e superati”.

Come comportarsi se noi stessi ci riconosciamo in queste caratteristiche o se le riscontriamo in qualcuno dei nostri cari?
“La cosa principale che mi sento di dire a chi non segue già un percorso con uno psicoterapeuta, è che bisognerebbe trovare il coraggio di farsi aiutare. Perché tutto quello che nel periodo delle festività natalizie esplode, in realtà implode dentro di noi durante tutto il resto dell’anno. Bisogna trovare il coraggio di ‘verbalizzare’ ciò che accade dentro di noi. Di parlarne, di affrontarlo. Solo così il terapeuta, gli amici e la famiglia potranno creare una sorta di rete per supportarci. Scegliere di chiudersi isolandosi nel proprio dolore non è mai la soluzione giusta. Nel periodo natalizio, è stato osservato un aumento dell’abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti, un aumento degli stati depressivi, dei casi di autolesionismo e dei tentativi di suicidio. Ecco, occorre intervenire ai primi campanelli d’allarme, prima che tutto questo capiti ad una persona a noi cara, a noi vicina. Fare rete intorno a chi ha un disagio, come anticipavo, è la prima regola. Non solo a Natale. Ma magari con l’avvicinarsi di questo periodo, sarebbe opportuno alzare il livello di allerta. I Comuni, attraverso i servizi sociali, e i centri di salute mentale, con le visite domiciliari e le campagne di sensibilizzazione, fanno quel che possono, ma anche i cittadini dovrebbero fare la loro parte. Magari chiamando il vicino di casa o di negozio se si sa che è una persona sola ed in condizioni di disagio e fragilità. Ecco, credo che andrebbe rieducata la società ad aprire la porta di casa, ad accogliere e ad ascoltare per aumentare la tutela nei confronti di chi è meno fortunato di altri”.

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Roberta Di Pucchio
Roberta Di Pucchio
Giornalista pubblicista

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