Le aziende italiane vogliono assumere, ma non trovano il personale che cercano

Le prospettive occupazionali sono in crescita ma 3 datori su 4 sottolineano la difficoltà a reperire personale con le competenze ricercate

In Italia crescono le assunzioni, ma resta il grande problema del mancato incrocio tra domanda e offerta di lavoro. Anche per il secondo trimestre del 2023, segnala ManpowerGroup nella sua ricerca, le prospettive occupazionali sono date in aumento: i datori di lavoro vogliono assumere e la previsione netta di occupazione è del +17%, al netto degli aggiustamenti stagionali. Eppure, tre aziende su quattro sottolineano la difficoltà a reperire personale con le competenze ricercate, soprattutto nei settori IT Data, ingegneria e vendite e marketing.

La carenza di personale altamente specializzato

“Nonostante il contesto macroeconomico generale, le prospettive di assunzione rimangono solide e le aziende di tutti i settori continuano ad assumere per i ruoli più richiesti“, commenta Anna Gionfriddo, Amministratrice Delegata di ManpowerGroup Italia. “Allo stesso tempo, molti si trovano ad affrontare sfide mai sostenute prima per trovare persone che abbiano le competenze tecniche e trasversali di cui hanno bisogno, in particolare nei settori dei trasporti, dell’automotive, dell’energia e del life sciences. Si tratta della previsione di assunzioni rivolte a personale altamente specializzato, di cui le aziende, oggi ancora più rispetto all’ultima rilevazione, dichiarano la carenza. Investire nell’aggiornamento, nella riqualificazione e nel preparare le persone ai lavori di domani non è mai stato così importante e dovrebbe essere una priorità per ogni leader aziendale”.

Aziende del Nord più ottimiste, calo previsioni al Sud

Anche per il secondo trimestre dell’anno, dettaglia lo studio ManpowerGroup, i datori di lavoro di tutte le quattro macroaree italiane prevedono di aumentare i propri organici. Tuttavia, le prospettive cambiano non di poco in base all’area di riferimento. Al Nord Ovest (+23%) e al Nord Est (+22%) si registrano le previsioni migliori e anche i dati del Centro (+19%) sono sopra la media nazionale. Invece per Sud e Isole si rileva l’unico caso in cui le previsioni per il secondo trimestre (+8%) per quanto positive sono in calo (-1%) rispetto ai primi tre mesi dell’anno.

Lo skill mismatch

L’indagine ha anche rilevato la difficoltà per le aziende italiane nel trovare i talenti con le competenze giuste per le loro esigenze. Il 75% delle imprese segnala di avere molta (11%) o qualche difficoltà (65%) nel reperire talenti, e meno di una su quattro (23%) non rileva nessuna difficoltà. I valori non di discostano guardando al dato regionale. Per quanto riguarda la dimensione delle organizzazioni, sono quelle medie (80%) e grandi (76%) a registrare le maggiori difficoltà, mentre al contrario tra le micro il 28% non segnala alcun problema.

Tra i settori più in difficoltà nel trovare professionalità adeguate si evidenziano Trasporti, Logistica & Automotive (per l’81% delle organizzazioni), Energy & Utilities e Health Care & Life Sciences (entrambe con il 79%). Tra le competenze, quelle più difficili da trovare secondo i datori italiani sono quelle IT e Data (21%), mentre difficoltà riguardano anche la ricerca di skill ingegneristiche (18%), nelle vendite e nel marketing (17%), nella manifattura/produzione (17%), logistiche (16%) e nella gestione delle risorse umane (16%). Percentuali poco inferiori per le competenze amministrative e di Front Office/Customer Care (15%).

In particolare, sono le aziende del Nord Est a registrare il più alto livello di carenza di competenze IT (27%) e ingegneristiche (28%) e in ambito HR (25%). Inoltre, sono le imprese grandi (29%) e media (25%) a segnalare più difficoltà nel trovare professionisti informatici, mentre il problema è meno sentito per le piccole (18%) e micro (8%) imprese.

Le soft skill più richieste dalle aziende

Per quanto riguarda invece le soft skill più difficili da reperire secondo i datori di lavoro, il 27% indica l’attitudine alla responsabilità, affidabilità e disciplina, a cui seguono la collaborazione e il lavoro di squadra e la capacità di ragionamento e problem-solving (25%), la resilienza, tolleranza allo stress e adattabilità (24%), la creatività e originalità (22%), il pensiero critico e di analisi, l’apprendimento attivo e la curiosità, la proattività (19%) e, infine, la leadership (18%). La soft skill più ricercata cambia in base alla dimensione dell’impresa: per esempio la scarsità di pensiero critico e analisi è segnalata dal 26% delle imprese grandi e da solo il 13% di quelle micro.

Rinascita automotive, ok telecomunicazioni ed energia

Il settore con le prospettive migliori è quello delle telecomunicazioni, media & communication (+32%), che si lascia alle spalle la crescita zero del primo trimestre. Ma è l’automotive e trasporti (+26%) a segnare il miglioramento più importante rispetto ai tre mesi precedenti: +36%, recuperando il -10% del Q1. Molto bene anche le prospettive per Energia e servizi (+26%), Tecnologie dell’informazione (+25%), Sanità e life sciences (+23%). Previsioni positive si registrano per l’Industria (+16%), Beni di consumo e servizi (+14%) e Banche, assicurazioni e immobiliare (+10%).

Bene le grandi aziende, recuperano le microimprese

Prospettive di assunzione decisamente positive per le grandi aziende (+23%) e buone anche per le altre categorie dimensionali: per le medie da 50 a 249 dipendenti (+13%), per le piccole da 10 a 49 lavoratori (+15%) e per le micro con meno di 10 occupati (+14%). Rispetto al primo trimestre dell’anno il miglioramento più importante è rilevato per le grandi e microimprese: per entrambe il confronto tra i due trimestri vede una crescita nel secondo del 12%.

La situazione nel resto del mondo

A livello internazionale, spiega ManpowerGroup, le intenzioni di assunzione rimangono invariate rispetto allo scorso trimestre (+23%). Le migliori prospettive al netto degli aggiustamenti stagionali sono registrate dai datori di lavoro del Nord America (+30%), del Centro e Sudamerica (+27%) e dell’Asia Pacifico (+27%), mentre per la zona Emea (Europa, Medio Oriente, Africa) si rileva un dato positivo (+18%) ma inferiore rispetto alle altre macroregioni. – Fonte www.dire.it –

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