Cosa accadrebbe se anche in Italia come in Australia si vietasse l’uso dei social media agli under 16? Il provvedimento preso in queste ore dall’altro capo del mondo troverebbe sorprendentemente dei sostenitori alle nostre latitudini anche tra i diretti interessati. Il 47% dei giovani italiani tra i 10 ed i 24 anni sarebbe favorevole a una limitazione dello smartphone fino ai 14 anni e dei social media fino ai 16. E se questo concetto è più accettabile per chi quell’età l’ha già raggiunta, fa riflettere che sia d’accordo anche uno su tre fra chi ci deve ancora arrivare. Lo rivela l’annuale indagine condotta dall’Associazione nazionale Di.Te. (Dipendenze Tecnologiche, Gap e Cyberbullismo Di.Te.) in collaborazione con il portale studentesco Skuola.net – su un campione di 2.510 ragazze e ragazzi italiani, tra i 10 e i 24 anni – in occasione della Giornata nazionale contro le dipendenze tecnologiche, indetta dalla stessa associazione per il 30 novembre.
Una ricerca che evidenzia il legame sempre più stretto tra quello che accade nella dimensione digitale e le sue ricadute in quella analogica, a partire dalla corporeità. Al punto da riscrivere così il famoso motto latino: Mens (in)sana in corpore sano. Da una parte, infatti, c’è il desiderio di curare il corpo: 1 su 2 pratica sport regolarmente (47,9%) e segue un regime alimentare equilibrato (45,2%); platea che si allarga fino a 3 giovani su 4 se si considerano coloro che saltuariamente si impegnano su questo fronte. Dall’altra, però, la mente lancia spesso segnali d’allarme sul suo stato di salute: ben 7 su 10 (69%) ammettono di riscontrare una maggiore fatica nel relazionarsi con gli altri nel mondo analogico a causa dell’uso eccessivo dei social.
Giovani sempre più isolati
La ridotta capacità di relazionarsi “vis a vis” si riflette in una crescente assenza di amici in carne e ossa: il 26,8% non ha legami significativi coltivati regolarmente con incontri al di fuori delle piattaforme digitali. E nella riduzione della capacità di uscire di casa: il 14,4% spesso se non sempre fa fatica a incontrare i propri amici dal vivo. “Questi dati – sottolinea il prof. Giuseppe Lavenia, psicologo e psicoterapeuta, Presidente dell’Associazione Di.Te. – ci restituiscono il ritratto di una generazione consapevole dell’importanza delle relazioni autentiche e delle buone abitudini, ma al tempo stesso immersa in una realtà che amplifica insicurezze e solitudini”.
I social influenzano stati d’animo e percezione di sé
In questa pericolosa deriva, l’influsso del digitale è evidente: il 49,3% dei giovani ammette di sentirsi influenzato da ciò che vede sui social media, mentre il 34,2% si sente spesso triste o insoddisfatto dopo un uso prolungato delle piattaforme sociali. “Qui sta la chiave – commenta Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net – dell’apparente contrasto tra la ricerca del benessere fisico e il malessere mentale: infatti il 36% del campione ammette che il rapporto con il proprio corpo è legato a doppio filo con i modelli proposti dai social. Anche la ricerca di un “fisico da post” fa parte degli effetti della dieta digitale”. Ma non basta: la cura per questi stati d’animo viene cercata nella loro causa. Spesso, infatti, si visitano i social per gestire distrarsi dagli stati d’animo come tristezza o rabbia (58%)oppure frustrazione/delusione (54,4%).
Nello scroll senza fine non c’è spazio per il futuro
Un effetto a catena che ha ricadute oltre l’esperienza online. “Il passaggio più preoccupante della ricerca – avverte Lavenia – è legato a un altro aspetto: la gestione delle emozioni e la percezione del domani. Il 62,3% delle ragazze e dei ragazzi, infatti, confessa di fare fatica a immaginare la propria vita futura. Una difficoltà che, peraltro, cresce con l’età. Viviamo in un’epoca in cui tutto è istantaneo, equesta immediatezza sembra soffocare la capacità di progettare a lungo termine. I social, che dovrebbero essere uno strumento, diventano spesso un rifugio che però amplifica frustrazione e insoddisfazione”.
Salvate l’autostima delle ragazze dall’algoritmo
Entrando più nel dettaglio, la percezione dell’influenza (negativa) dei social varia notevolmente tra i generi: se tra le ragazze è il 65% a sentirsi condizionata da ciò che vede online, tra i ragazzi ci si ferma al 31%. Per questo, secondo lo psicologo “è fondamentale lavorare su percorsi educativi che aiutino le ragazze a sviluppare una maggiore autostima, offrendo loro strumenti per leggere criticamente i contenuti online e contrastare le insicurezze”.
“La situazione è ancora peggiore – conferma Grassucci – se ci limitiamo a misurare l’impatto dei social sul rapporto con il proprio corpo: è rilevante secondo il 47% delle ragazze intervistate e solo per il 18% della controparte maschile”. Un buon inizio potrebbe essere quello di accompagnare i giovani nella “gestione” delle piattaforme da cui sgorga tanta insicurezza. Perché sono troppi quelli che ne abusano: il 53,4% vi trascorre tra una e tre ore al giorno.
Patentino digitale, niente smartphone ai minori di 14 anni e niente social per gli under 16
Tuttavia, non manca la consapevolezza degli effetti del digitale: più cresce l’esposizione nel tempo più vengono percepiti. Non è un caso che il 90% dei 19-24enni rilevi un peggioramento della capacità di comunicare nella realtà a causa di un abuso nell’uso dei social, quando tra i 10-15enni a pensarla così è “solo” il 56%. Questa dinamica si rileva anche quando si tratta di chiedere il parere su possibili ausili per usare meglio lo strumento: il 49%, ad esempio, si dice favorevole all’introduzione di un patentino digitale obbligatorio per la “navigazione”, con percentuali che salgono al 66% tra i 19-24enni. Sorprendentemente trova un certo consenso anche l’idea di vietare completamente lo smartphone sotto i 14 anni e i social agli under 16: mediamente il 47% sarebbe d’accordo, con un consenso non trascurabile sia da parte dei diretti interessati (il 29% tra i 10-15enni)che dei loro colleghi più grandi (il 49% tra i 19-24enni).
Adulti digitalizzati cercasi
Infine, va constatato che, fortunatamente, le famiglie sembra stiano iniziando a riscoprire il ruolo di educatori, anche riguardo alla vita digitale dei figli: solo il 32% dei giovani intervistati non affronta mai queste tematiche con i propri genitori. E, sorprendentemente, la metà di loro (48,7%) ritiene che un maggiore coinvolgimento degli adulti di riferimento sulla questione potrebbe aiutare a vivere meglio questa dimensione. Tuttavia va posta attenzione a non approfittare di questa apertura al dialogo, altrimenti si rischia di sfociare nell’eccesso di controllo: al 62,3% è successo di essere stato alla “geolocalizzazione” da parte dei genitori. Pratica, questa, che viene accettata serenamente solo dal 51,2% di coloro a cui è toccata. – Fonte Agenzia Dire www.dire.it –