Grande interesse e sensibilità venerdì scorso in Curia vescovile a Latina sul tema relativo alla situazione carceraria oggi, tra l’alta incidenza dei suicidi causati non solo dal sovraffollamento ma soprattutto per la grande fragilità umana, fino alla difficoltà della rieducazione e a quella del reinserimento degli ex detenuti in società.
Galeotto è stato il libro “Noi fuori” a cura di Suor Emma Zordan.
All’evento di presentazione, una sala gremita di oltre 90 persone, desiderose di scoprire e comprendere questa realtà che sembra lontana intangibile, che il più delle volte si teme dall’esterno e dalla quale si vuole rimanere a distanza, addirittura respingere.
Ma come ha sottolineato il Vescovo mons. Mariano Crociata che ha ospitato l’evento e curato la prefazione del libro: “Permettete una considerazione noi siamo portati a respingere e odiare negli altri quel che non accettiamo di noi stessi. Non ha torto chi dice che a volte si incontrano persone veramente libere in carcere e tante volte persone carcerate fuori”.
E quale migliore occasione se non far partecipare attivamente un ex detenuto all’incontro: Fabio Rocca che con i suoi racconti ha coinvolto tutto il pubblico.
Come non poter ringraziare Suor Emma Zordan per il coraggio e l’impegno di volontariato con corsi di scrittura creativa al Carcere di Rebibbia che la conducono poi a scrivere libri con i racconti dei detenuti e a portare il loro grido di aiuto e speranza fuori dalle mura.
26 suicidi quest’anno e siamo solo ad aprile, i momenti cruciali sono proprio legati all’ingresso al carcere ma paradossalmente anche all’uscita, quando la parola libertà risveglia il terrore di quel che li aspetta fuori.
Carenza di attività rieducative, solo tanta restrizione e coercizione non aiuta anzi imbruttisce. La mancanza di attività occupazionali, la carenza di lavoro in carcere che è ancora solo per pochi, non riabilita, incattivisce. I detenuti al momento dell’uscita si sentono inadeguati, impreparati ad affrontare la realtà esterna.
“I detenuti hanno bisogno di colloqui, di ascolto – afferma Suor Emma Zordan – hanno bisogno di essere rieducati e riammessi nella società. Il carcere è ermetico c’è difficoltà all’esterno di entrare, non so per quale motivo il governo sta restringendo ancora di più la chiusura degli istituti penitenziari. I detenuti definiscono il carcere una bara in attesa di sepoltura, ed è triste ascoltarlo, si sentono una discarica sociale, magazzini di persone si sentono una nullità. La dignità del detenuto viene davvero calpestata. Così La loro personalità non è rispettata, la loro identità non è riconosciuta neanche nei libri, dove pur avendo firmato una liberatoria non possono apparire, se non con le sigle. L’articolo 27 della costituzione non viene ancora rispettato al momento, pur se il presidente della Repubblica Mattarella ha a cuore il carcere e ribadisce continuamente che ci vuole studio, rieducazione, reinserimento”.
Come ha affermato nel corso del suo intervento l’Assessore comunale di Latina l’avv. Annalisa Muzio: “il Comune si mette accanto alle Associazioni che devono essere supportate per il loro grosso contributo, sono quelle che fanno forza e danno la forza. Noi come Comune di Latina, non abbiamo intervento diretto ma cerchiamo di seguire le best practices, siamo pronti alle proposte della professoressa Maria Teresa Caccavale Presidente dell’Associazione Happy Bridge, anche se ad oggi esistono già sul territorio associazioni fortemente coinvolte al Carcere che è sul territorio in via Aspromonte. Questi sono momenti cruciali per incrementare politiche sociali e dare garanzia che le Amministrazioni svolgano il proprio ruolo per star loro vicino e contribuire al reintegro dei detenuti. Perché la parte più importante è dopo, quando escono sono in difficoltà, se non diamo effettive nuove possibilità sarà difficile mettere in pratica quel che è scritto nella Costituzione.
La lettura di alcuni racconti dal libro “Noi Fuori” a cura di Rosalba Grassi, ricco di pathos che ha dato voce ai detenuti Eduardo e Stefano e introdotto l’intervento di Fabio – come ha asserito il moderatore, giornalista vaticanista Roberto Monteforte – ha contribuito all’interazione con il pubblico.