Una scuola finalmente trasformata e in grado di accorciare le distanze tra richiesta e offerta dei servizi. Si chiama “Scuola social impact” il progetto lanciato dal candidato sindaco della coalizione progressista Damiano Coletta, che investe la cultura e la formazione ma anche gli ambiti dell’urbanistica e dell’edilizia. L’obiettivo è quello di “abbattere i muri” degli edifici concepiti come perimetro rigido, per riprogettare il concetto stesso di scuola, aperta alla cittadinanza, all’associazionismo, al terzo settore.
“E’ a partire dalla scuola che si può disegnare una città nuova. Occorre fare rete con le altre istituzioni per attrarre nuovi fondi europei – spiega Coletta – e andare verso una nuova edilizia scolastica, dai nidi fino agli istituti comprensivi. In Italia solo il 5% dei plessi scolastici è stato costruito negli ultimi 20 anni, la metà non ha certificato di agibilità e solo una piccolissima percentuale è costruita secondo le normative antisismiche. Gli edifici andrebbero dunque rigenerati e rifunzionalizzati come centri erogatori di servizi, essendo gli unici ad avere una diffusione capillare che copre l’intero territorio, dal centro alle periferie cittadine. Il progetto Scuola social impact guarda alla scuola del futuro secondo il modello di Campus: plessi riqualificati con interventi di rigenerazione urbana e trasformati in hub di quartiere, che diventano la colonna dorsale di tutte le scelte legate all’urbanistica, aperti alla cittadinanza e fruibili almeno 12 ore al giorno attraverso l’utilizzo pomeridiano degli spazi per attività multidisciplinari”.
Anche l’istituzione scuola dunque può diventare esempio di economia circolare e civile. “Prima che 20 consiglieri di centrodestra sfiduciassero la città – continua Coletta – era stata avviata dalla passata amministrazione un’interlocuzione con l’architetto Alfonso Femia, vero ideatore di questo progetto. Volevamo portare a Latina questo esperimento già avviato anche in città come Livorno e Prato. Si tratta di un progetto in grado di trasformare un sistema fermo ormai da decenni e non più all’altezza delle esigenze della comunità. Spazi interni ed esterni e aule potrebbero diventare luoghi di coworking e di studio, luoghi in cui ospitare eventi, concerti e anche servizi legati al welfare. Non è un piano irrealizzabile. L’amministrazione può investire su questa trasformazione e al contempo intercettare nuovi fondi dell’Europa e contributi di Fondazioni e associazioni”.