Emicrania, prima causa di disabilità al mondo tra i giovani: è possibile prevedere un attacco?

Emicrania prima causa di disabilità al mondo nella fascia giovane della popolazione: influisce in maniera negativa sulle attività quotidiane

L’emicrania, che colpisce il 12% della popolazione italiana, è spesso sotto-diagnosticata, ma anche quando viene riconosciuta e trattata può essere difficile curarla precocemente. Un aiuto volto a trovare strategie per prevenire gli attacchi sembra arrivare dall’uso di applicazioni mobili per monitorare il sonno, l’energia, le emozioni e lo stress, come emerge da un nuovo studio pubblicato su Neurology, la rivista medica dell’American Academy of Neurology.

Lo studio

Lo studio ha coinvolto 477 persone di età compresa tra i 7 e gli 84 anni, tra cui 291 donne. Attraverso un’applicazione mobile i partecipanti sono stati invitati a valutare il loro umore, l’energia, lo stress e il mal di testa quattro volte al giorno per due settimane. Hanno anche valutato la qualità del loro sonno una volta al giorno e indossato dei monitor durante il sonno e l’attività fisica. Quasi la metà dei partecipanti aveva una storia di emicrania e il 59% ha avuto almeno un attacco di mal di testa mattutino durante lo studio.

Cosa è emerso?

Secondo la ricerca, una scarsa qualità del sonno percepita e una qualità del sonno e un livello di energia inferiori alla norma riscontrati nella notte precedente, sono tutte condizioni associate a un aumento del rischio di emicrania il mattino successivo. Questi fattori, però, non hanno portato a un aumento del rischio di emicrania nel pomeriggio o alla sera: gli unici fattori predittivi di un’emicrania nella seconda parte della giornata sono stati un aumento dei livelli di stress o un livello di energia superiore alla media nel giorno precedente.

Le persone con una peggiore qualità del sonno percepita, infatti, avevano in media il 22% di probabilità in più di avere un attacco di emicrania il mattino successivo. Anche una diminuzione della qualità abituale del sonno auto-riferita è stata associata a un aumento del 18% della probabilità di un attacco di mal di testa al mattino successivo. Allo stesso modo, una diminuzione del livello di energia abituale nel giorno precedente è stata associata a un aumento del 16% delle probabilità di dolore al mattino successivo. Al contrario, livelli medi di stress più elevati e un’energia sostanzialmente più alta del solito il giorno precedente sono stati associati a un aumento del 17% delle probabilità di emicrania nel pomeriggio o sera del giorno successivo.

Il ruolo dei ritmi circadiani

Come mai il mal di testa mattutino e quello pomeridiano-serale sono influenzati da fattori diversi? «Questi diversi modelli predittivi del mal di testa mattutino e serale evidenziano il ruolo dei ritmi circadiani nel mal di testa», ha dichiarato l’autrice dello studio Kathleen R. Merikangas, PhD, del National Institute of Mental Health, parte dei National Institutes of Health di Bethesda, Maryland. «I risultati possono darci una visione dei processi alla base dell’emicrania e aiutarci a migliorare il trattamento e la prevenzione. Sorprendentemente, non abbiamo riscontrato alcun legame tra i sintomi di ansia e depressione di un soggetto, ovvero il fatto di avere più sintomi o livelli di sintomi superiori alla media, e la probabilità di avere un attacco di emicrania il giorno successivo. Forse l’aspetto più interessante è che le emicranie sono state associate alla qualità del sonno autovalutata piuttosto che alla misura effettiva del sonno».

Come usare queste informazioni?

L’emicrania è la prima causa di disabilità al mondo nella fascia giovane della popolazione, perché influisce in maniera negativa e severa sulle attività quotidiane di chi ne soffre. Si tratta infatti di un dolore quasi sempre monolaterale, talvolta bilaterale, intenso e invalidante che spesso si accompagna a sintomi come nausea, vomito, fastidio alle luci e ai suoni. I pazienti emicranici, in prevalenza le donne, con un rapporto donne/uomini pari a 3:1, infatti, sentono il desiderio di rimanere rannicchiati al buio e in silenzio protetti dagli stimoli ambientali.

«L’articolo pubblicato su Neurology sembra confermare qualcosa di scontato – spiega la dottoressa Licia Grazzi, Responsabile del Centro Cefalee dell’IRCCS Carlo Besta di Milano -, ma in realtà ribadisce come inquadrare il fenomeno emicrania in una ottica biopsicosociale, dove aspetti di tipo biologico, emotivo e sociale sono strettamente correlati, sia indispensabile. Di conseguenza un approccio multidisciplinare che vada al di là del farmaco con un’attenta presa in carico del paziente e un’analisi delle sue abitudini di vita e degli eventi di vita è importante per raggiungere un buon risultato clinico derivante anche dai nuovi e straordinari farmaci che abbiamo a disposizione. La prevenzione, oltre alla terapia farmacologica, deve anche basarsi sulla valutazione di stile di vita e abitudini, in modo che ogni paziente possa essere trattato nel modo più adeguato e completo possibile. Non si potrà prescindere da tutto ciò se vorremo arrivare a una prevenzione degli episodi e ad un corretto uso delle terapie sia per l’attacco sia per la profilassi». – Fonte Fondazione Umberto Veronesi.

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