Anzio e Nettuno ancora una volata al centro degli eventi dell’ultimo conflitto mondiale. Le foto mai viste degli incontri di Hitler e Mussolini, lettere firmate personalmente dal Duce, comunicazioni riservate e strategie d’attacco del regime finora sconosciuti. In parte provenienti dalla scrivania personale di Benito Mussolini.
Questo l’incredibile patrimonio archivistico che è passato di mano durante una cerimonia organizzata dall’Ambasciata italiana di Washington in collaborazione con il Centro Primo Levi di New York e l’United States Holocaust Memorial Museum. All’incontro hanno preso parte anche Roger e Steven Sabbadini, fino ad ora proprietari privati dell’archivio raccolto dal padre Alessandro, detto Alex, durante la Seconda Guerra Mondiale, archivio che hanno deciso di donare al David M. Rubenstein National Institute for Holocaust Documentation.
I documenti permetteranno agli studiosi di approfondire alcuni aspetti della storiografia, come quello della partecipazione ebraica alla lotta contro il nazi-fascismo in Italia. Le centinaia di documenti e foto che potranno ora essere consultati da tutti raccontano non soltanto una vicenda in gran parte sconosciuta della guerra combattuta dall’esercito americano in Italia ma anche la storia personale del protagonista che li ha raccolti e che sul litorale romano aveva passato le estati prima delle leggi razziali, per poi tornaci durante lo Sbarco Alleato.
La storia di Sabbadini
Nel 1938, le leggi razziali privano Alex Sabbadini, un giovane romano, del suo posto nell’esercito e il ragazzo, come tanti altri, lascia la famiglia e cerca un rifugio negli Stati Uniti. Il governo americano lo arruola pronto a sfruttare la sua conoscenza del territorio e della lingua dei paesi nemici. Sabbadini, ansioso di combattere contro un regime che lo ha privato dei suoi diritti, diventa così un ”G-2 Intelligence Officer” nella US 5th Army con il grado di sergente e sbarca prima in Sicilia e a Salerno poi, in una fredda notte di gennaio del 1944, a Anzio, a poche centinaia di metri dalla casa che apparteneva alla sua famiglia e dove, da ragazzino, passava spensierate estati al mare.
Il suo compito è quello di trovare e analizzare i documenti che il comandante tedesco ha lasciato dopo essere fuggito dal suo quartier generale di Nettuno. In un libro pubblicato nel 2017 da Alighieri Publisher con il titolo ”Unavoidable Hope”, il figlio Roger ha raccontato le emozioni del padre nel rivedere la sua casa ad Anzio, la sua angosciante tristezza di non poter avere notizie della sua famiglia rimasta a Roma, ma ricorda anche l’aiuto che gli abitanti e i partigiani locali gli hanno dato per completare la sua missione di militare americano.
Per Alex, poi, l’impegno più delicato arriverà oltre un anno dopo, quando gli verrà dato l’incarico di catturare lo stesso Mussolini, in due missioni recupera le sua carte prima dal rifugio sul Lago di Garda, poi quelle lasciate sulla scrivania il giorno della morte. I documenti che ha portato con sé quando è tornato a casa sono rimasti intatti, perfettamente conservati in preziose custodie di plastica. Adesso, l’archivio Sabbadini viene ceduto e tra l’Holocaust Museum e gli Archivi di Stato italiani c’è un accordo di collaborazione, ma c’è ancora molto da fare. C’è stato un grande impulso nel lavoro di digitalizzazione e catalogazione dei documenti e anche il Centro Primo Levi sta dando una mano.