“Il governo Meloni ha ridotto notevolmente gli obiettivi previsti dal PNRR; le case di comunità scendono da 1350 a 936; gli ospedali di comunità da 400 a 304; le centrali operative territoriali da 600 a 524 e la chiusura di 1800 centri di terapia intensiva”.
Lo scrive in una nota il movimento Per Latina 2032.
“Le strutture mancanti, secondo il governo, dovrebbero essere realizzate con altri fondi, che al momento non ci sono. anche perché, non vi è nessuno atto formale che impegni queste risorse, che verrebbero sottratte da un fondo nazionale destinato ad altri investimenti, mentre non siamo in grado di spendere i soldi stanziati in Europa.
Una domanda sorge spontanea; quante case di comunità sono attive o in programma sul nostro territorio comunale? Quante prestazioni e interventi sanitari ha perso, in questi anni, il Santa Maria Goretti a favore dei privati convenzionati? Ma la Regione Lazio al aldilà degli annunci e finanziamenti corroboranti sulla sanità è in grado di garantire una sanità territoriale degna di questo nome? Anche perché, a livello nazionale ad oggi sono attive, solo il 13% delle case di comunità.
L’83% delle case di comunità non lavora 24 ore su ventiquattro e una su tre è aperta meno di 12 ore al giorno. ma anche se tutte le case e gli ospedali di comunità dovessero aprire entro il 2026, mancano le risorse e il personale per farle funzionare.
Servirebbero circa 2,6 miliardi a partire dal 2026, se si comprendono anche i soldi per l’assistenza domiciliare integrata a 850 mila anziani over 65, soldi dei quali, però, non vi è traccia. È chiaro che nella crisi della sanità pubblica si ingrassa quella privata. La pubblica nel 2019 era in grado di offrire 228 milioni di prestazioni tra visite ed esami, numero crollato nel 2022 a 206 milioni.
Il dato più eloquente è quello dei ricoveri; nel quadriennio 2019-2022, gli ospedali pubblici ne hanno perso 740.788, il triplo rispetto al privato convenzionato, un ricovero su quattro avviene in strutture private accreditate.
Le liste di attesa crescono e il pubblico arranca e il privato non fa nessuno sforzo supplementare, anzi sceglie le attività in cui guadagnare quote di mercato prendendosi sempre più quelle prestazioni con le tariffe di rimborso più elevate.
La competizione è impari, il privato convenzionato dovrebbe svolgere una funzione pubblica di integrazione per quelle prestazioni delle quali saremmo carenti. in sostanza, un conto è integrare altro è fare concorrenza.
Nel pubblico abbiamo delle liste di attesa infinite che esasperano i cittadini costringendoli a ricorrere al privato a pagamento di tasca propria, ecco, le strutture convenzionate devono essere riportate a funzioni integrative all’interno di un mandato pubblico universale e poi, non possiamo permetterci 21 sistemi di sanità regionali, l’articolo quinto va rivisto, solo così possiamo salvare la sanità pubblica”.