“In viaggio con la morte”, sabato Gian Luca Campagna a Latina con il suo libro

Interverranno Maria Grazia Boaretto, Ferdinando Tucci, Luca Palombo e Michela Guarda. Moderatore d’eccezione lo scrittore Giorgio Bastonini

La cellula Coscioni di Latina e lo scrittore Gian Luca Campagna presenteranno insieme a Latina Lido presso Gelatilandia a Capoportiere sabato 29 giugno ore 11 il romanzo dal titolo ‘In viaggio con la morte’ (Mursia). Infatti, il tema centrale del romanzo vale a dire la contrapposizione tra la scelta del suicidio assistito e la dirompente voglia di vivere, sarà al centro del dibattito che ne scaturirà insieme all’Ass. Coscioni.

Interverranno Maria Grazia Boaretto e lo psicoterapeuta Ferdinando Tucci, cioè i responsabili della cellula Coscioni di Latina, più Luca Palombo, docente universitario di Scienze infermieristiche e Michela Guarda, dirigente infermieristico Hospice San Marco, oltre ovviamente all’autore. Moderatore d’eccezione lo scrittore Giorgio Bastonini.

Ricordiamo che le Cellule Coscioni sono le articolazioni territoriali dell’Associazione Luca Coscioni, vale a dire l’associazione fondata nel 2002 da Luca Coscioni, un economista affetto da sclerosi laterale amiotrofica scomparso nel 2006, è un’associazione no profit di promozione sociale. Tra le sue priorità l’affermazione delle libertà civili e i diritti umani, in particolare quello alla scienza, l’assistenza personale autogestita, l’abbattimento delle barriere architettoniche, le scelte di fine vita, la ricerca sugli embrioni, l’accesso alla procreazione medicalmente assistita, la legalizzazione dell’eutanasia, l’accesso ai cannabinoidi medici e il monitoraggio mondiale di leggi e politiche in materia di scienza e auto-determinazione. 

La trama de ‘In viaggio con la morte’ è intrigante come i romanzi cui ci ha abituato lo scirttore nato a Latina. Siamo a Roma, oggi. Carla, vedova e malata terminale, contatta il giornalista Gianni Colavita che dieci anni prima ha seguito l’omicidio rimasto irrisolto del figlio. La richiesta è insolita quanto la convocazione: la donna gli chiede di essere accompagnata nel suo ultimo viaggio a Paradiso, nella Svizzera ticinese, dove ha prenotato il suicidio assistito in una clinica della dolce morte. Determinato a risolvere il vecchio delitto, sebbene dilaniato dai dubbi, il cronista decide di assecondarne le volontà e accetta ma solo a patto che il viaggio si trasformi in un’avventura per esaudire gli ultimi cinque desideri di Carla. Così, a bordo di una spider, la strana coppia inizia a collezionare frammenti di un puzzle che li riporterà ai fatti di dieci anni prima. Toccheranno Acquasparta per assaporare l’ultima cena nel casale d’infanzia della donna; quindi, arriveranno al borgo medievale di Bòlgheri, per proseguire per Venezia sulle tracce di un antico libro fino a toccare le spiagge della Normandia. E poi la Svizzera, per esaudire l’ultimo, disperato, desiderio di questo tour della morte. E risolvere finalmente il caso del figlio assassinato 10 anni prima.

Ma come nasce questo romanzo? “Nasce sempore dall’idea che ho impressa in mente su cosa debba essere la narrativa -risponde Gian Luca Campagna-. Credo che debba esserci una forma d’equilibrio sana, tra evasione e impegno sociale. L’evasione la intendo come un intrattenimento rispettoso nei confronti di un lettore, sempre più distratto per essere coinvolto e bombardato da informazioni tramite i cellulari, stressato da un reale da cui vorrebbe talvolta fuggire per trovare l’illusione di un altrove in cui rifugiarsi e sognare, provando i sentimenti dei protagonisti delle storie. Ma la narrativa deve guardare con spirito critico la società, facendo emergere conflitti, storture e contrasti, non perché debba dare soluzioni, ma mettendo sul tavolo del lettore diverse opzioni, fornendogli strumenti adeguati per crearsi una sua opinione. Questo lavoro critico è stato sempre alla base della mia formazione di scrittore, grazie alle letture noir e al lavoro di giornalista. E poi aggiungerei la divina curiositas, che è quella che mi anima, che mi spinge a scrivere, a superare le omologate colonne d’Ercole: così ecco che trovo divisivo, duro, difficile affrontare un tema come quello del suicidio assistito, e allora ci scrivo su una storia, anche perché sarà un tema che come decadente società occidentale saremo costretti a ‘conviverci’, capendo finalmente che la morte non è altro che l’elemento finale della vita, accettandone la sua essenza all’interno di un Giano bifronte, dove i contrari non si combattono ma si fondono. Comunque, questo romanzo, come credo tutti i miei, nasce dal dolore delle persone, dalla voglia di anestetizzarlo, di alleviare lo spleen che caratterizza tutti i miei scritti e di cui sono intrisi i miei personaggi, sfamando anche, lo ammetto, il mio personale senso dell’inquietudine”.

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