Ariele Vincenti e Manfredi Rutelli sono gli autori di La tovaglia di Trilussa, supervisione artistica di Nicola Pistoia e musiche dal vivo del M° Pino Cangialosi sabato 25 marzo ore 21 all’Auditorium Leone XIII di Carpineto Romano nell’ambito della stagione nata dalla collaborazione tra il Comune di Carpineto Romano e ATCL Circuito multidisciplinare del Lazio, sostenuto da MIC – Ministero della Cultura e Regione Lazio. La Tovaglia di Trilussa, interpretato da Ariele Vincenti, racconta di come suo nonno Remo, custode dello Zoo di Roma, sia diventato amico del poeta durante le lunghe passeggiate tra le gabbie degli animali. Una sera Trilussa, ormai settantenne, lo invita per la prima volta a cena in osteria. Tra quintini di vino e sfilatini burro e alici, si entra nella Roma “di una volta” in cui la comicità spontanea, i sani valori popolari e la schiettezza nei rapporti erano il fondamento della vita quotidiana. La cena segue un percorso di narrazione a doppio binario in cui la poetica pungente ed emozionante di Trilussa, viaggia di pari passo con la sua vita avventurosa: dagli inizi nei caffè-concerto, alle lunghe tournée in giro per l’Italia, in Europa e in Sud America.
La sua disincantata ironia, gli amori incostanti, il vino come suo migliore amico, lo sperpero del denaro oltre ad un innato senso di libertà che segnerà il suo rapporto col potere, fanno di Trilussa un poeta con un vissuto unico. Nonostante scriva in dialetto, il riconoscimento e la stima di tanti intellettuali dell’epoca come Pirandello e De Filippo testimoniano quanto la sua arte sia entrata di diritto nella storia della letteratura. Le sue poesie più famose, le macchiette, i sonetti, le favole malinconiche sono parte fondante di questo racconto teatrale che vuole restituire a noi, e a Trilussa, il giusto ricordo umano, il doveroso onore artistico, la giocosa e scanzonata maschera del poeta che è stato.
«È uno spettacolo popolare, emozionante e divertente in cui – spiega Vincenti – attraverso le parole e aneddoti pubblici e privati del “Poeta di Roma”, racconto una romanità in via d’estinzione. All’apice del suo successo, tutte le donne di Roma lo corteggiavano e file di curiosi gravitavano giorno e notte sotto la sua casa. In vecchiaia purtroppo ebbe problemi economici, ma non rinunciò alle amate cene in osteria. La cosa che mi ha colpito è che quando arrivava il conto, Trilussa scriveva due versi sulla tovaglia di carta mezza unta, la strappava, la dava all’oste e la cena era pagata.Durante le ricerche mi sono reso conto della grande attualità dei suoi scritti che toccano, con metafore sarcastiche, quegli aspetti sociali della politica e del potere che nella Storia sempre si ripetono uguali a sé stessi».