“Poco dopo mezzanotte un detenuto d’origine indiana, di 36 anni e in attesa di primo giudizio per reati a sfondo sessuale, è stato rinvenuto suicida per impiccagione nel bagno della sua cella del reparto precauzionale della Casa Circondariale di Latina”. A darne notizia è stata la Uilpa, il sindacato della Polizia Penitenziaria, che in una nota ha spiegato come a nulla siano valsi i soccorsi degli agenti:
“Dall’inizio dell’anno – dichiara Gennarino De Fazio, Segretario Generale della UILPA Polizia Penitenziaria – si tratta del 17esimo ristretto che si toglie la vita, cui bisogna aggiungere anche un appartenente al Corpo di polizia penitenziaria che, altresì, ha deciso di farla finita. La strage evidentemente continua, mentre dalla politica maggioritaria e dal Governo non si intravedono soluzioni. Neppure il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Giovanni Russo, ascoltato mercoledì scorso dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, ha potuto indicare soluzioni concrete e immediate dopo aver ammesso le oggettive difficoltà del sistema. È evidente a tutti che continuando così si arriverà a un numero di morti di carcere impensabile per qualsiasi paese civile, e ciò è davvero inaccettabile”.
“Quanto sta avvenendo nelle carceri, con suicidi, omicidi, risse, rivolte, aggressioni alla Polizia penitenziaria, traffici illeciti e, nostro malgrado, anche qualche fenomeno di possibile degenerazione indotta, come quello di Reggio Emilia, non può lasciare indifferenti e, soprattutto, non si può considerare ordinario; dunque, non è arginabile con strumenti ordinari. A tutto ciò si aggiunga che sono 14mila i detenuti in più, rispetto ai posti effettivamente disponibili, mentre alla sola Polizia penitenziaria mancano almeno 18mila unità, rispetto al reale fabbisogno. Il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e il Governo Meloni prendano coscienza della perdurante emergenza, forse davvero senza precedenti negli ultimi 30 anni, e intervengano con misure straordinarie. Varino immediatamente un decreto carceri per consentire cospicue assunzioni con procedure accelerate e il deflazionamento della densità detentiva pure attraverso una gestione esclusivamente sanitaria dei malati di mente e percorsi alternativi per i tossicodipendenti. Parallelamente va ripensato l’intero apparato d’esecuzione penale, vanno reingegnerizzati il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e il Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità e dev’essere riorganizzato il Corpo di polizia penitenziaria. Non intervenire tangibilmente, significa assumersi la responsabilità quanto meno morale di quanto si sta perpetrando”, conclude De Fazio.