Una storia di dipendenza affettiva, rapporti manipolatori ed eredità emotiva; il tutto condito dalla scrittura semplice ma decisamente espressiva di un’autrice che con i suoi lavori ha reso protagonista il mondo interiore dei ragazzi. “La verità che ci riguarda” è l’ultimo libro romanzo di Alice Urciuolo, giovane scrittrice della provincia pontina, nota per aver preso parte al lavoro di sceneggiatura di Skam Italia e per essere tra le ideatrici della serie Prisma. Con già un romanzo alle spalle (“Adorazione” del 2020), lo scorso ottobre Alice ha fatto uscire il suo ultimo lavoro, dando il via a un tour di presentazione in giro per l’Italia che domenica 26 e mercoledì 29 sbarcherà anche in terra pontina. In occasione dei due appuntamenti, rispettivamente a Cori e Latina, abbiamo scambiato due chiacchiere con lei, per parlare de “La verità che ci riguarda”.
Alice, uno dei fili conduttori del tuo romanzo sono i rapporti manipolatori, che hai messo in relazione sia con la protagonista che con sua madre. Perché hai scelto di esplorare questa tematica in questo modo?
“Raggrupperei questi temi nel macro-gruppo delle dinamiche di potere, e sono quelli che mi interessano come scrittrice. Questo romanzo è la naturale prosecuzione di quello precedente, in cui questi temi erano già presenti, e qui ne approfondisco alcuni. La storia è nata quando stavo ancora finendo di scrivere “Adorazione”: avevo il personaggio di Milena e sapevo che volevo parlare di dipendenza affettiva. Poi ho scoperto una cosa che mi ha colpito enormemente: ossia che le esperienze di una persona che è vittima di una setta e quella di una vittima di dipendenza affettiva sono le stesse perché le dinamiche psicologiche che entrano in campo sono talmente simili che si può dire siano uguali. All’inizio c’è la fase del “Love bombing” si viene sommersi di amore, di attenzioni, ci si sente importanti. Poi questo amore viene sottratto, poi ridato, in un ciclo che genera un grande attaccamento per la vittima. Le vittime vengono isolate, diventando più sole e di conseguenza più deboli, e questo genera altro attaccamento. Insomma queste due esperienze sono molto simili e da lì è nato il personaggio della mamma, Angelica, che cade vittima di questo gruppo carismatico che si chiama “La Chiesa della Verità”.
Tornando al rapporto madre-figlia. Quanto è importante per i giovani essere consapevoli dell’eredità emotiva che viene trasmessa dai loro genitori, in particolare nel modo di instaurare relazioni?
“Credo sia più importante che i genitori ne siano consapevoli, perché è loro il compito di educare anche se non è semplice. Non sempre da adolescenti si ha la consapevolezza che loro sono delle persone umane, che hanno dei limiti e che alcune cose che abbiamo assorbito da loro non sono le credenze migliori per muoverci nel mondo. È un percorso che si arriva a fare da più che adulti. Nel mio romanzo c’è un tema che io definisco l’eredità del dolore, che ha dato molto forma a questo rapporto tra la protagonista e sua madre: come Milena, che a un certo punto legge un libro di neuroscienze, anche io lo stavo leggendo. In particolare uno studio condotto su persone colpite da forti traumi, come i sopravvissuti alla Shoah o al crollo delle Torri Gemelle. È stato notato che i figli e, addirittura, i nipoti di queste persone, avevano dei livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, altissimi. Quindi quando una persona subisce un trauma, avviene una modifica a livello genetico che viene trasmesso alle generazioni successive e queste si trovano a fare i conti con ansia e depressione. Avendo scritto delle storie con protagonisti molto giovani, spesso mi viene chiesto chi sono i ragazzi e cosa si può fare loro. Io non sono una psicologa, non ho le risposte: semmai nelle storie che ho scritto ci sono delle domande. Però la mia sensazione è che quando vogliamo aiutare qualcuno, spesso è più importante chiederci cosa possiamo fare prima per noi stessi. Milena è una bambina a cui non manca niente dal punto di vista materiale ma si sente ripetere dalla mamma frasi del tipo “Non è niente, non esagerare”, “Non piangere”; che mettono in evidenza una famiglia che non riesce a rispondere ai suoi bisogni emotivi. Per la mamma, che è una donna molto concreta, le emozioni sono di intralcio, perché a sua volta, da piccola, non ha ricevuto un’educazione emotiva. Quindi penso che visto che non possiamo dare agli altri qualcosa che non abbiamo, è importante che i genitori facciano un’educazione sentimentale su sé stessi”.
A chi e perché consiglieresti di leggere “La Verità che ci riguarda?”
“Ogni volta che scrivo qualcosa, cerco di farlo in modo che spero possano arrivare a un numero maggiore di persone, in modo che tutti possano capire ciò che scrivo. Io lo consiglierei a tutti perché questi temi riguardano ognuno di noi: le relazioni, l’educazione sentimentale, quello che possiamo fare per migliorare la nostra vita e la nostra interiorità. Credo siano cose che riguardano tutti”