Per la prima volta è stato pubblicato in Italia “Il Credo” di Aquiles Nazoa, giornalista, scrittore e poeta venezuelano tradotto da Geraldina Colotti, anche lei giornalista, scrittrice e poetessa, tale “preghiera” è stato commentata da Earle Herrera, critico letterario, e da Ernesto Villegas, Ministro della Cultura del Venezuela, che è stato intervistato per l’occasione. “La preghiera religiosa, qualunque essa sia, dal Padre Nostro al Credo – sottolinea Earle Herrera – non è un genere letterario, tuttavia, quasi tutte le preghiere rappresentano una grande ricchezza di forma ed espressione, in alcuni casi, si tratta di poesie perfette. Per questo la la struttura della preghiera, sia metrica che retorica, è stata imitata, parodiata o parafrasata da scrittori e poeti di tutti i tempi”. Aquiles Nazoa, nato nel 1920, è morto nel 1976 in un incidente stradale. In particolare, lui convertì l’essenza del popolare in una continua ricerca verbale. I modi di dire, le barzellette politiche, le parole teatrali e i sonetti sono la critica a una società convinta che il ‘progresso’ consiste nel rifiuto delle tradizioni popolari.
E’ stato un giornalista combattivo, un poeta sensibile, un biografo delle cose più semplici e un nemico giurato della società del consumo e dell’automobile. Nel suo “Credo” si incontrano diversi animali, come i grilli, le api, il cane di Ulisse, il gatto di Alice nel Paese delle Meraviglie, il pappagallo di Robinson Crusoe, i topolini di Cenerentola e il cavallo di Rolando Beralfiro. Ma anche personaggi popolari o famosi. Tutto ciò perché lui alla fede preferisce l’amicizia “come l’invenzione più bella dell’uomo” e al potere creatore di Dio oppone i “poteri creativi del popolo”, riassumibili in una sola parola: poesia. “Il suo “Credo” – scrive Earle Herrera – è stato messo in scena, declamato, copiato, imitato e recitato fino all’impossibile. E’ il culto della nota preghiera cattolica, frutto della visione e delle credenze dell’autore, che fu religiosamente miscredente e artisticamente credente, con la sua personale confraternita di dei, santi e angeli” In pratica, il libro è sì una testimonianza artistica, ma è anche “un’ars poetica” perché in esso, attraverso personaggi, reali o immaginari che siano, l’autore ci offre la propria etica ed estetica dell’arte e la dimensione spirituale degli esseri umani. E lo fa con un certo umorismo, cosa che lo ha sempre contraddistinto. Per esempio, attribuisce le qualità del Dio cristiano, uno e trino, a Pablo Picasso “onnipotente, creatore del cielo e della terra”, a Charlie Chaplin “figlio delle viole e dei topi, che fu crocefisso, morto e sepolto dal tempo, ma che ogni giorno resuscita nel cuore degli uomini”, all’amore e all’arte “come percorsi verso il godimento duraturo della vita”. Picasso e Chaplin, a detta di Herrera, furono entrambi vicini alle istanze sociali, ma soprattutto furono dei rivoluzionari che innovarono l’arte e l’immaginario. “Nel commento al ‘Credo’ di Aquiles Nozoa. Herrera – sostiene Geraldina Colotti – suggerisce alcune chiavi per comprendere quella lucida capacità di smascheramento, che consente al venezuelano di mediare tra il sentimento comico e quello tragico della vita, di relativizzare imposizioni autoritarie, affrontare avversità, sopravvivere a dure sfide e trovare una sorta di inventiva quadratura tra le vita e la coscienza del nulla”.